El Instituto Italianode Cultura invita al concierto del ensamble Cento Rami – La Nostra Musica Colta
Erminia Nigro, clarinete
Giuseppe D’Amico, contrabajo
Viernes 9 de diciembre. 20:00 h.
Ensemble Cento Rami está formado por músicos de menos de 35 años ya sean lucanos que provenientes de otras partes de Italia. Activo en el panorama cultural lucano desde hace varios años, se encarga de resaltar el potencial creativo de nuevos talentos, compositores y ejecutantes en el ámbito de la música clásica en vivo favoreciendo su conocimiento también en zonas donde difícilmente se puede disfrutar de eventos culturales de calidad.
En 2015, gracias al proyecto “La nostra musica colta”, la Asociación cultural Cento Rami, de la cual el Ensamble es fruto, obtuvo el reconocimiento del MIBACT.
El Ensamble interpreta un amplio repertorio que va desde los autores clásicos hasta contemporáneos; presentando gran atención a la experimentación de nuevos sonidos, gracias a la colaboración con compositores que han escrito y siguen componiendo arias ad hoc para el Ensamble.
El tipo de espectáculo que el Ensemble propone es el de conferencia-concierto diseñados para permitir que los oyentes conozcan la dinámica histórica y de composición de las arias presentadas.
El nombre del Ensamble se deriva del árbol padre que se encuentra en el bosque de Forenza, en Basilicata: es símbolo de fuerza estable en sus raíces y flexible ya que se eleva hacia el cielo.
Programa
Brani
P. Hindemith, MusikalischesBlumengartlein und LeyptzigerAllerley per clarinetto e contrabbasso
J. F. Zbiden, Hommage a Bach per contrabbasso solo
V. Bucchi, Concerto per clarinetto solo
Emanuele Savagnone , “Buia Pietra” – immagini da Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi per clarinetto e contrabbasso ( eseguito
in prima assoluta il 29/10/16)
Brano contemporaneo per clarinetto e contrabbasso commissionato a Matteo Gualandi sulla poesia di Amelia Rosselli «Cantilena» ( eseguito in prima assoluta il 06/11/16)
Esecutori
Erminia Nigro clarinetto
Giuseppe D’Amico contrabbasso
Compositori
Matteo Gualandi
Emanuele Savagnone
Testi dai quali i compositori hanno tratto ispirazione per scrivere i loro brani
Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli
Arrivai ad una strada che da un solo lato era fiancheggiata da vecchie case e dall’altro costeggiava un precipizio. In quel precipizio è Matera… Di faccia c’era un monte pelato e brullo, di un brutto color grigiastro, senza segno di coltivazioni né un solo albero: soltanto terra e pietre battute dal sole. In fondo… un torrentaccio, la Gravina, con poca acqua sporca ed impaludata tra i sassi del greto… La forma di quel burrone era strana: come quella di due mezzi imbuti affiancati, separati da un piccolo sperone e riuniti in basso da un apice comune, dove si vedeva, di lassù, una chiesa bianca: S.Maria de Idris, che pareva ficcata nella terra. Questi coni rovesciati, questi imbuti si chiamano Sassi, Sasso Caveoso e Sasso Barisano. Hanno la forma con cui a scuola immaginavo l’inferno di Dante… La stradetta strettissima passava sui tetti delle case, se quelle così si possono chiamare. Sono grotte scavate nella parete di argilla indurita del burrone… Le strade sono insieme pavimenti per chi esce dalle abitazioni di sopra e tetti per quelli di sotto… Le porte erano aperte per il caldo, Io guardavo passando: e vedevo l’interno delle grottesche non prendono altra luce ed aria se non dalla porta. Alcune non hanno neppure quella: si entra dall’alto, attraverso botole e scalette»
Dentro quei buchi neri dalle pareti di terra vedevo i letti, le misere suppellettili, i cenci stesi, Sul pavimento erano sdraiati i cani, le pecore, le capre, i maiali. Ogni famiglia ha in genere una sola di quelle grotte per abitazione e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini, bestie… Di bambini ce n’era un’infinità… nudi o coperti di stracci… Ho visto dei bambini seduti sull’uscio delle case, nella sporcizia, al sole che scottava, con gli occhi semichiusi e le palpebre rosse e gonfie. Era il tracoma. Sapevo che ce n’era quaggiù: ma vederlo così nel sudiciume e nella miseria è un’altra cosa… E le mosche si posavano sugli occhi e quelli pareva che non le sentissero… coi visini grinzosi come dei vecchi e scheletrici per la fame: i capelli pieni di pidocchi e di croste… Le donne magre con dei lattanti denutriti e sporchi attaccati a dei seni vizzi… sembrava di essere in mezzo ad una città colpita dalla peste…»
Amelia Rosselli, Cantilena – Poesie per Rocco Scotellaro (1953)
Dopo che la luna fu immediatamente calata
ti presi tra le braccia, morto
*
Un Cristo piccolino
a cui m’inchino
non crocefisso ma dolcemente abbandonato
disincantato*
Bologna perché t’ho in mente
cosa c’entri
città scadente
cattedrale che dubiti
non c’è chiesa a Matera
monte roccione con la porticina
*
Sventolo la bandiera e grido
Quanti puttini
sui gironi e
tu puttanone
*
Mi sforzo sull’orlo della strada
a pensarti senza vita
Non è possibile, chi l’ha inventata questa bugia
*
Come un lago nella memoria
i nostri incontri
come un’ombra appena
il tuo volto affilato
un’arpa la tua voce
e le mani suonano
tamburelli
*
Avanti io seppi t’eri spezzato
come un bastone d’oro
la costante prudenza
m’aveva fatta cieca
quasi ignara
e tu che mi musicavi attorno
*
Tu che sei addormentato
Comprendimi
Ed ora ti sollevi
lesto
e passi via sereno
fuori dalle mura della tua cittadella
Tu che chiarisci le via