L’Istituto Italiano di Cultura invita alla conferenza di Filippo La Porta. La lingua di Pasolini nel suo cinema e nei romanzi “romani”.
Pasolini, da sempre attratto dai dialetti (compilò una preziosa antologia della poesia dialettale negli anni ’50) nei suoi romanzi ambientati a Roma (Ragazzi di vita e Una vita violenta) e nei suoi primi film (“Accattone”, “Mamma Roma”, “La ricotta”) tenta una riproduzione mimetica (con tanto di glossarietto finale) del gergo dei borgatari, anche ispirandosi alla contaminazione linguistica del Pasticciaccio di via Merulana di Gadda. Sappiamo che girava per la periferia romana con il suo taccuino appuntando frasi e modi di dire. Da una parte sbagliò previsione, perché aveva profetizzato una scomparsa dei dialetti (che invece sono vivi e vegeti) a seguito della omologazione consumistica. Dall’altra resta uno dei rari casi di intellettuale affascinato da una lingua vernacolare, giudicata più espressiva dell’italiano burocratico e televisivo. Lingua che ritroviamo in film di oggi, come “Non essere cattivo” di Caligari o “Lo chiamavano Jeeg Robot” di Mainetti.
Filippo La Porta
Critico e scrittore, collabora a quotidiani e riviste, tra cui il “Domenicale” del “Sole24ore”e “Il Messaggero”,
Tra i suoi libri ricordiamo:
La nuova narrativa italiana, Bollati Boringhieri 1995
Maestri irregolari, Bollati Boringhieri 2007
Meno letteratura, per favore, Bollati Boringhieri, 2010
Pasolini, Il Mulino, 2012
Poesia come esperienza.Una formazione nei versi, Fazi 2013
Roma è una bugia, Laterza 2014
Indaffarati, Bompiani 2016
Prendere tempo: conversazione con Marc Augé, Castelvecchi 2016
Ha realizzato per Rai-cinema un documentario su Berlino
Tiene corsi di scrittura in varie università (Napoli, Cagliari, etc.)