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La Sede

L’Istituto Italiano di Cultura a Città del Messico venne istituito nel 1953 (tredici anni prima che venisse sottoscritto l’Accordo Culturale Italia-Messico, ratificato con il D.P.R. n. 1364 del 23.08.1966). Sua prima sede fu un appartamento della calle Varsovia # 22 bis, nella Zona Rosa, quindi all’inizio degli anni ’60 traslocò in un edificio della vicina calle Liverpool, al numero 88, in un edificio preso per intero in affitto dal Consolato (al pian terreno era l’Ufficio Consolare, al primo piano la Cancelleria Consolare, al secondo l’Ufficio Commerciale dell’Ambasciata e al terzo piano l’Istituto), dove operò per circa vent’anni. Fu all’inizio degli anni ’70 che si decise di acquistare una sede per l’Istituto e la scelta cadde su un prestigioso stabile d’impianto coloniale situato al numero 77 di Avenida Francisco Sosa a Coyoacán che in precedenza era stato residenza dell’Ambasciatore polacco e che a partire dal 1955 l fu acquistato dal Regno del Belgio per farne la residenza del proprio Ambasciatore.

Con atto di compravendita stilato fra Italia e Belgio il 9 giugno 1976, la proprietà venne acquistata dalla Repubblica Italiana per farne la sede dell’Istituto Italiano di Cultura.

Oggi l’Istituto ha sede nel cuore di Coyoacán, su Avenida Francisco Sosa, considerata una delle strade più antiche del Messico il cui tracciato risale al secolo XVI ed il cui nome nel tempo è stato Camino Real, Real de Santa Catarina, Calzada de Juárez, fino ad assumere l’attuale Francisco Sosa, famoso scrittore, prefetto e storico, che visse a pochi passi dall’IIC, al numero 38.

Sulla stessa strada, affacciano la “Casa del Sol” ove Venustiano Carranza scrisse parte della costituzione del 1917, la Casa de Alvarado, dove visse i sui ultimi anni Octavio Paz, il Museo de la Aquarela con opere di Saturnino Herrán, Félix Parra y Leandro Izaguirre, la Casa de Cultura Jesus Reyes Heroles, ed infine, tra le varie dimore storiche, la casa di Diego Ordaz, capitano spagnolo che accompagnò Hernan Cortez.

L’edificio, d’impianto coloniale, edificato con ogni probabilità intorno alla seconda metà del XVIII secolo per ospitare un convento di religiose, faceva parte in origine di un complesso più esteso, di circa 6.000 mq, che venne suddiviso in due parti. Adiacente all’Istituto al n. 85, sorge ancora l’originaria cappella del complesso conventuale, oggi abitato dalle Misioneras Eucaristicas Franciscanas, il cui patio, d’impianto claustrale (con pilastri quadrangolari e archi a tutto sesto) con la restante metà del lotto (ca. 3.000mq) venne ceduto a privati n un momento ancora imprecisato.

Con l’avvicendarsi dei proprietari, numerosi dovettero essere i rifacimenti (certa è l’edificazione di una torretta quadrata al di sopra dello scalone di accesso al primo piano durante il periodo di residenza dell’Ambasciatore del Belgio) e oggi l’edificio si presenta piuttosto eclettico, mescolando elementi di epoche e stili diversi.

É verosimile che il lotto fosse appartenuto in origine a María de la Concepción Loreto Cabrera de Armidas (San Luis Potosí, 8 dic. 1862 – Città del Messico, 3 mar. 1937), beatificata nel 2019, che nel corso della sua vita fondò cinque istituti religiosi (tra i quali le Misoneras Eucaristicas Franciscanas), vicine dell’IIC

La facciata dell’Istituto, costituita da un unico corpo di un solo piano fronte strada, originariamente di color crema (come la gran parte delle case dei pueblos), ritinteggiata quindi in ocra, è oggi di color rosso mattone. Presenta caratteristiche riconducibili all’architettura del sec. XVIII: a contraddistinguerla sono infatti le caratteristiche “ajaracas” di stampo mudejar, che ritroviamo sulle facciate di altre case su Francisco Sosa, come la Casa de Diego de Ordaz e la Casa de Alvarado. La facciata, fortemente rimaneggiata nel corso degli ultimi decenni, presenta oggi un’entrata principale e tre finestre, con cornici in pietra vulcanica: la finestra centrale, sagomata da una cornice in pietra lavica, costituiva in origine l’accesso pedonale all’edificio, mentre l’attuale entrata era il passo carraio riservato alle carrozze.

La facciata è sovrastata da una balaustra ritmata da pilastrini classici intonacati e tinteggiati di bianco intervallati dalle “almenas”, tipiche dell’architettura civile e religiosa ispanica, probabilmente originali.

L’interno, che ha sofferto diversi rimaneggiamenti e restauri (l’ultimo risalente al 2001) che ne hanno alterato il carattere originario, ormai di ardua lettura, mantiene ancora in parte la personalità di una casa messicana d’impianto coloniale. Il cuore dell’edificio è un patio circondato su tre lati da pilastri a sezione quadrata ritmati da archi a tutto sesto con al centro una fontana rivestita di mattonelle tipo “talavera pueblana” di discreta fattura. Intorno al patio si aprono gli ambienti più interessanti, oggi adibiti a spazi culturali, ancora connotati da elementi di pregio, come ampi camini, travature lignee e pregevole boiserie: un auditorium, una biblioteca con oltre 30.000 volumi, due sale espositive e un’antica cucina di stile poblano.

L’ Istituto conserva anche una collezione di tele del sec. XVIII, di soggetto religioso e di discreta fattura, sia negli ambienti aperti al pubblico che nelle aree riservate ad uffici.

Istituito in applicazione dell’Accordo Culturale stipulato tra Italia e Messico nell’ottobre 1965, l’Istituto opera sotto l’autorità del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e gode di autonomia operativa. Il suo obiettivo è quello di promuovere, sostenere e sviluppare le relazioni tra Italia e Messico in campo culturale e linguistico. È sede di numerosi incontri, dibattiti ed eventi culturali, e ospita anche una biblioteca di ca. 30.000 volumi e offre corsi di lingua e cultura italiana.